Secondo una definizione classica, con i termini di valgismo e varismo si fa riferimento a delle anomalie del normale allineamento dell’arto inferiore. Il ginocchio dell’adulto presenta in maniera fisiologica un certo grado di valgismo che viene definito dall’angolo aperto formato dall’asse longitudinale del femore con quello della tibia e misura da 177° a 170°. Tale angolo è maggiore nella donna rispetto all’uomo perché il bacino è più largo e il femore ha un’obliquità maggiore. Il ginocchio valgo indica una ridotta angolazione a vertice laterale dell’asse femoro-tibiale, inferiore ai 170°. Le ginocchia appaiono ad X, tendono cioè a toccarsi verso l’interno mentre i piedi si distaccano. Può essere considerata una condizione fisiologica nel bambino dai 2 fino ai 7-8 anni, che tende ad una risoluzione spontanea in un gran numero di casi.
Se persiste in età successive è probabilmente dovuto alla familiarità e diviene un ginocchio valgo vero o essenziale.
Questa alterazione è spesso legata ad uno squilibrio fra l’accrescimento osteogenetico e la capacità muscolo-legamentosa. Alcuni autori per valutare l’entità del valgismo fanno riferimento alla distanza intermalleolare, generalmente superiore ai 5 cm nel ginocchio valgo. Questa condizione crea nell’adulto sovraccarichi compartimentali a livello della parte esterna del ginocchio, al contrario i legamenti interni sono distesi e lassi, oltre a problemi deambulatori e adattamenti a livello podalico. Nel ginocchio varo l’angolo esterno fra l’asse del femore e la tibia è superiore ai 175°. Le ginocchia si distanziano fra di loro e nel complesso i due arti inferiori sembrano aprirsi come a formare una O. La curvatura investe sia la diafisi femorale sia quella tibiale. Nella prima infanzia fino ad un anno è considerato normale e spesso apparente dovuto al grasso sulle cosce e alla condizione di sviluppo che genera il pannolino. Nelle età successive è una condizione comunque decisamente più rara rispetto al ginocchio valgo. La deformità in varismo porta ad un sovraccarico del compartimento interno del ginocchio con degenerazione artrosica nell’adulto, abbinandosi a distensione e instabilità progressiva delle strutture legamentose esterne. Chiaramente anche in questo caso vi potranno essere adattamenti a livello podalico. Approfondendo lo studio delle catene muscolari, in riferimento alla descrizione delle catene di apertura e chiusura offerta da Leopold Busquet, è possibile arricchire ulteriormente la visione classica delle deformità del ginocchio, fin qui eccessivamente analitica.
La catena di apertura, continuazione della catena crociata posteriore del tronco, influenza:
– L’apertura iliaca (apertura del bacino),
– La rotazione esterna ed abduzione d’anca,
– la rotazione esterna del femore,
– la rotazione esterna della tibia e il varo del ginocchio,
– il varo del calcagno e la supinazione del piede,
– il muscolo di entrata per la sua stimolazione propriocettiva è l’adduttore del I dito.
Una sua iperprogrammazione contribuisce ad un allungamento funzionale dell’arto inferiore e riduce quindi:
– il valgo dell’anca,
– il valgo del ginocchio,
– il valgo del calcagno.
La catena di chiusura, continuazione della catena crociata anteriore del tronco, influenza:
– la chiusura iliaca (chiusura del bacino),
– la rotazione interna ed adduzione d’anca,
– la rotazione interna del femore,
– la rotazione interna della tibia e il valgo del ginocchio,
– il valgo del calcagno e la pronazione del piede,
– il muscolo di entrata per la sua stimolazione propriocettiva è l’abduttore del V dito.
L’iperprogrammazione di questa catena contribuisce all’accorciamento funzionale dell’arto inferiore e amplifica:
– il valgo dell’anca,
– il valgo del ginocchio,
– il valgo del calcagno.
Le catene crociate, di apertura e chiusura, sono deputate al movimento e predisposte per la dinamica. Quando il muscolo, per adattamenti posturali come nei casi di valgismo e varismo, viene sollecitato a lavorare in modo continuo e statico, diviene più fibroso e degenera verso il connettivo, diminuendo la propria vascolarizzazione. Ciò determina un adattamento posturale “a spirale”. Tali adattamenti, se non interpretati bene, possono condurre a diagnosi di eterometrie lì dove invece le “false” differenze di lunghezza degli arti inferiori (dismetrie), sono prodotte dall’asimmetrica programmazione in uno stesso soggetto delle catene di apertura e chiusura. Il riequilibrio posturale si otterrà allora lavorando sulla stimolazione delle catene e non con inutili e dannosi rialzi sotto il piede.
Un argomento, quello delle eterometrie e dismetrie, che approfondiremo ulteriormente in un prossimo articolo.
Dott. Fabio Marino
Specialista in Podologia, Posturologia, Chinesiologia
Iscritto N. 1 all’Ordine professionale dei Podologi della Provincia di Enna
Bibliografia:
– L. Busquet, 1996, Le catene muscolari Volume IV, Editore Marrapese, Roma.
– F. Moro, 2016, Podologia non lineare, Demi edizioni, Roma.