In Cina fin dagli ultimi anni del 900 d.C. era nota la tecnica della “fasciatura” o del “Loto d’oro”. Secondo la leggenda, la pratica del Loto d’oro sorse intorno al 900 d.C. da una concubina imperiale. Per accaparrarsi il favore dell’imperatore si era fasciata i piedi con lunghe fasce di seta bianca per poi danzare la Danza della luna sul fiore del Loto. Si tratta di una pratica in cui le piante dei piedi delle fanciulle venivano piegate attraverso delle fasciature e mantenute in una lunghezza compresa fra i 7 ed i 12 cm. Nelle famiglie più ricche ed influenti le bambine venivano fasciate quando erano molto piccole, in base al loro sviluppo, in genere tra i 2 e gli 8 anni; questo rendeva la pratica meno dolorosa e meno traumatica psicologicamente. Nelle classi contadine la fasciatura cominciava più tardi perché le bambine dovevano essere abili al lavoro fino a che non si concordava loro un matrimonio, o fino a che non erano in età da matrimonio, comunque prima dei 15 anni, finché le ossa erano ancora malleabili.
Per deformare i piedi nella loro forma definitiva erano necessari almeno 3 anni, talvolta anche 5 o 10. Per tutta la vita, i piedi necessitavano di continue attenzioni e di scarpine rigide che fossero sufficientemente resistenti da sorreggere il peso della donna. Le scarpette andavano indossate anche di notte affinché la deformazione non regredisse. Dopo la fasciatura il piede assumeva una forma a mezzaluna.
La deformazione consisteva in due operazioni distinte:
- piegare le quattro dita più piccole (ad esclusione dell’alluce) al di sotto della pianta del piede
- avvicinare l’alluce ed il tallone inarcando il collo del piede. Le articolazioni del tarso e le ossa metatarsali venivano progressivamente deformate.
In questo modo i talloni diventano l’unico punto di appoggio, causando l’andatura fluttuante della donna, come il loto che si piega al vento.
La pratica era molto dolorosa, perché il piede non smetteva di crescere ma cresceva deformato: le ossa conseguentemente si frastagliavano per poi saldarsi irregolarmente. Spesso le ossa dei metatarsi si rompevano, o venivano appositamente rotte, così come le articolazioni. Le unghie andavano sempre tagliate molto corte per evitare infezioni, ma nonostante tutti gli accorgimenti una fasciatura poteva portare a infezioni, setticemia, gangrena anche con perdita delle dita. Talvolta era necessario asportare i calli con un coltello o praticare un profondo taglio al di sotto della pianta per asportare la carne eccedente e facilitare l’avvicinamento dell’alluce e del tallone.
I piedi così deformati erano coperti da minuscole scarpine lavorate, fabbricate dalla donna per esaltare la forma del piede e per mostrare le sue doti artigianali; erano accuratamente disegnate per evidenziare la forma arcuata ed appuntita del piede. Ogni scarpina era una forma d’arte ed un passaporto della donna. La dimensione del piede, e la struttura della scarpa dicevano tutto ciò che era necessario su di una donna: la sua capacità di sopportare il dolore, le sue abilità casalinghe.
L’inizio del tramonto della tradizione avvenne verso la fine dell’Ottocento. Fu infatti in questo periodo che la cultura cinese entrò in contatto con i valori occidentali portati dai missionari.
In breve tempo, i piedi fasciati passarono dall’essere una tradizione ricca di valori socio-culturali, trasmessi di madre in figlia, ad essere una menomazione riprovevole. Inoltre si accusava i gigli d’oro di essere tra le cause della debolezza, fisica e psicologica, della nazione cinese.
Non così lontana dalla trazione cinese sembrerebbe essere la tradizione occidentale, più spesso italiana, dell’utilizzo frequente e precoce dell’ortesiologia plantare per cercare di correggere il piede piatto infantile.
E’ disarmante osservare come, nonostante gli enormi progressi della fisiologia umana nell’ultimo secolo, moltissimi operatori si ostinino a fare dei piedi ciò che si vuole, specie quelli dei bambini, proseguendo in un oscurantismo medievale che li porta all’utilizzo di tecniche datate, prive di efficacia e sicuramente dannose. E’ purtroppo ancora frequente osservare l’utilizzo di scarpe e plantari correttivi, il cui fine è il tentativo di bilanciare i segmenti ossei attraverso l’utilizzo di spessi cunei, talvolta nell’ordine di diversi centimetri.
I sostegni della volta, così soventemente utilizzati nel piede piatto valgo lasso infantile già a partire da 3-4 anni, sono il mezzo disinformativo per eccellenza che condiziona negativamente lo sviluppo morfogenetico. Tali ortesi ignorano del tutto le strutture che si interpongono fra i rilievi e l’osso e la loro specifica funzione. L’allineamento scheletrico non può passare dalla completa distruzione del lavoro propriocettivo del piede. L’uomo è un essere biologico costituito da sistemi interagenti, non una macchina che necessita della stessa pressione alle gomme per potersi bilanciare. L’arco interno del piede ha un compito fondamentale che è proprio legato alla sua elasticità, alla distribuzione delle pressioni e quindi alla specifica funzione di ammortizzamento. Ogni pressione aspecifica sugli esterocettori e i propriocettori di questa zona che non è abitualmente adibita a ricevere, provocherà un abuso iatrogeno sul piede, in termini più forti uno “stupro sensoriale”. (leggi l’articolo completo il piede cieco: l’utilizzo improprio dei plantari).
Bibliografia:
- https://it.wikipedia.org/wiki/Loto_d%27oro
- Fabio Marino, PodoPosturale – Valutazione e trattamento, 2020 Nonsolofitness editrice