Apprendimento motorio
Fin dalla nascita il bambino impara a conoscere il mondo che lo circonda attraverso l’esperienza sensoriale che gli deriva dal movimento e quindi dal suo corpo, generando apprendimento motorio. Jean Piaget, famoso psicologo dello sviluppo, ha descritto bene questo legame indissolubile fra sviluppo motorio e cognitivo. I primi movimenti del bambino sono di natura fondamentalmente involontaria e riflessa. Esempi ne sono il riflesso di marcia (se si prova a sollevare verticalmente il piccolo neonato, tenendolo sotto le ascelle, su una superficie piana, si il piccolo inizia a muovere le gambe e i piedini come a cercare di camminare) o il riflesso di suzione.
Il neonato è esposto a un’ampia gamma di esperienze percettive attraverso i sistemi recettoriali di cui il corpo è fornito fin dalla nascita: la vista, l’udito, il tatto, il gusto e l’olfatto che vanno a costituire i cosiddetti cinque sensi. A questi vanno aggiunti la percezione vestibolare che deriva dai recettori posti nell’orecchio interno, il cosiddetto organo dell’equilibrio (utricolo, sacculo e canali semicircolari) e la propriocezione, ossia la percezione della posizione e del movimento del corpo nello spazio grazie a recettori posti nelle articolazioni e nei muscoli (fusi neuromuscolari, organi tendinei del Golgi).
Queste sensazioni vengono vissute inizialmente in maniera del tutto passiva dal neonato che quasi le subisce. Poco alla volta il bambino assocerà a dei movimenti riflessi delle sensazioni piacevoli che tenterà di ripetere. Ciò avviene ad esempio quando si accarezza un lato del viso ed il neonato gira la testa in quella direzione (riflesso di rooting). Alla stessa maniera avviene la ricerca del capezzolo della madre mentre questa tiene il neonato appoggiato sul seno. La sensazione piacevole che deriva dal profumo e dal gusto del cibo, le sensazioni fisiche che derivano dall’atto del succhiare e dalle carezze della madre oltre che dalla vista rassicurante della stessa vanno a stimolare contemporaneamente in maniera positiva la totalità dei sensi del bambino attraverso un unico, semplice gesto.
Quando questo meccanismo di movimento riflesso e sensazione gratificante si ripete nel tempo viene fatto proprio dal bambino e diviene movimento attivo e volontario poiché implica l’attivazione dei centri corticali. Il “vissuto corporeo” e l’esperienza sensoriale positiva ad esso correlata, hanno determinato l’apprendimento motorio. Pertanto l’apprendimento motorio necessita di ripetizione, gratificazione ed esperienza corporea.
Per Piaget lo sviluppo cognitivo è “una successione di stadi attraverso cui il bambino deve passare per raggiungere crescenti competenze”. L’intelligenza è la più alta forma di adattamento. Tale adattamento al mondo esterno avverrebbe attraverso due processi che Piaget chiama assimilazione e adattamento.
Il bambino tramite l’assimilazione assume delle nuove informazioni dalla realtà che lo circonda e le integra nei suoi schemi mentali, attraverso l’adattamento modifica gli schemi attuali in virtù dei nuovi dati dell’esperienza. Gli schemi sono la forma più elementare di conoscenza ed il loro sviluppo avviene attraverso l’interazione con l’ambiente. Secondo Piaget lo sviluppo intellettivo del bambino procederebbe attraverso una serie di stadi rigidamente concatenati. Le abilità e le conoscenze acquisite in uno stadio vengono integrate e sviluppate in quello successivo e in strutture sempre più complesse. La sequenza è la medesima in tutti gli individui, ciò che può variare è la velocità con cui questi stadi vengono raggiunti.
Gli stadi cognitivi descritti da Piaget sono quattro:
- Stadio senso-motorio. Questa fase inizia alla nascita e procede fino ai due anni. Il neonato perfeziona i riflessi attraverso l’esercizio e la ripetizione di movimenti che hanno prodotto un risultato piacevole. E’ una fase fortemente egocentrica, il neonato non ha ancora consapevolezza di sé né degli altri. Solo verso la fine di questa fase può avvalersi della capacità rappresentativa che corrisponde anche alle prime acquisizioni del linguaggio.
- Stadio preoperatorio. Dai due ai sette anni. Il bambino è ora in grado di usare simboli, immagini, parole e azioni che rappresentano altre cose. Le principali manifestazioni di queste nuove capacità sono l’imitazione differita, il gioco simbolico e il linguaggio. L’egocentrismo diventa ora di tipo intellettuale, il bambino ritiene che il proprio punto di vista corrisponda necessariamente a quello degli altri. In questa fase non è ancora capace di comprendere che alcune azioni sono reversibili.
- Stadio delle operazioni concrete. Dai sette agli undici anni. Adesso il bambino è capace di comprendere la reversibilità delle azioni. Tale capacità si evidenzia, ad esempio, nel capire che versando lo stesso liquido in due contenitori di diversa forma non ne modifica la quantità. Ciò rappresenta la nascita del pensiero logico. Le azioni mentali isolate si coordinano adesso fra loro e diventano operazioni concrete. Tuttavia è ancora legato alle prove empiriche dei fenomeni e mostra difficoltà nel pensiero astratto.
- Stadio delle operazioni formali. Dagli undici/dodici anni in poi. Questa fase si caratterizza per la nascita del pensiero ipotetico e deduttivo, il giovane è in grado cioè di compiere operazioni logiche su premesse puramente ipotetiche. Il pensiero operativo formale realizza un rovesciamento nella concezione della realtà: quest’ultima non è più la fonte di conoscenza diretta del soggetto ma viene vista come una delle manifestazioni del possibile.
Bibliografia
Marino F., 2014, A scuola di salute, Nonsolofitness editrice
De Pascalis P., 2010, Il Giovane campione, Aracne editrice, Roma.
Camaioni L., Di Blasio P., 2007, Psicologia dello Sviluppo