Articolo tratto dal libro PodoPosturale – valutazione e trattamento del Dott. Fabio Marino
E’ severamente vietata la riproduzione dell’articolo senza il consenso dell’autore.
Il piede piatto del bambino
In passato si indicava per piede piatto l’abbassamento della volta plantare, specie il crollo interno dell’arcata mediale evidente sotto carico. Tale terminologia è tuttora in uso da molti professionisti, tuttavia in virtù delle recenti acquisizioni, specie in ambito posturale, sembra più appropriato parlare di eccessivo svolgimento a geometria elicoidale della struttura podalica, con conseguente maggiore appoggio al suolo che nel tempo coinvolgerà l’intera catena muscolare portando ad una iper-programmazione in chiusura di tutto l’arto inferiore.
In particolare nella valutazione delle anomalie podaliche non si può non considerare il rapporto fra retropiede e avampiede. Il piede piatto si caratterizza generalmente dal valgismo del retropiede e da una contemporanea supinazione dell’avampiede con conseguente riduzione dell’arco longitudinale mediale che talvolta può anche presentarsi completamente poggiato al suolo. Nel dettaglio:
– Il calcagno si presenta flesso medialmente e viene quindi a trovarsi esternamente rispetto alla perpendicolare che scende dalla regione poplitea (parte posteriore del ginocchio).
– L’astragalo, che normalmente è posto sopra il calcagno, tende quindi a scivolare verso il basso, in avanti e internamente, trascinando con sé anteriormente lo scafoide ed i metatarsi che si trovano compressi fra due spinte opposte, in discesa dall’astragalo e dalla spinta ascendente del terreno in carico, conseguentemente tenderanno a sublussarsi fra di loro appiattendosi ulteriormente al terreno.
La rotazione interna del retropiede (pronazione) e la conseguente rotazione esterna dell’avampiede (supinazione), determineranno la scomparsa della volta plantare e la caratteristica caduta dell’arco longitudinale mediale.
“Potremmo quindi definire che il piede piatto non è un ponte che si avvalla, ma un’elica che si svolge.”
Il cedimento dell’arcata plantare determinerà una distribuzione alterata delle forze di carico sia sulle ossa, sia sui tendini, sovraccaricando in maniera eccessiva la zona interna del piede che ha principale funzione ammortizzante.
Il mantenimento dell’arcata plantare dipende primariamente da un’adeguata interazione tra gli elementi muscolari, ossei e legamentosi. Particolarmente importante risulta essere il supporto dinamico del tibiale posteriore e del peroneo lungo che per la loro funzione vengono definiti appunto muscoli cavizzanti del piede.
Queste anomalie agiscono negativamente sui recettori gravitari perché non permettono la corretta ricezione degli stimoli ambientali. Oltre alla funzione meccanica viene quindi alterata anche la funzione sensoriale podalica, aspetto che spesso viene trascurato nei trattamenti ortesici.
Parlando di piede piatto è bene ricordare che questo può essere causato da diversi fattori eziopatogenetici che possono tramutarsi in diversi quadri clinici. Tuttavia è Il piede piatto-valgo dell’infanzia in assoluto la condizione che più spesso porta all’osservazione clinica e ad intervento terapeutico e che merita quindi maggiore attenzione.
Il piede di un bambino è normalmente piatto quando assume la stazione eretta ed inizia la deambulazione. Le ossa sono ancora in fase di formazione, è abbondante il tessuto adiposo, lassi i muscoli e i legamenti cosicché la struttura dell’elica podalica è incompleta. Si parla a tal proposito anche di piede piatto valgo-lasso.
L’iperlassità legamentosa, quando non genetica, è in assoluto la condizione primaria che si riscontra nel piede piatto infantile e che per prima deve essere trattata per arrivare a risoluzione. Se verranno forniti crescenti stimoli esterni ambientali al piede dati dal movimento, dal correre, dal giocare, dal saltare ecc., difficilmente un piede piatto perdurerà dopo l’infanzia e crescerà normale e asintomatico nella maggior parte dei casi. Purtroppo la modernità evidenzia una sempre e più pericolosa tendenza alla sedentarietà infantile unita ad un crescente e dilagante sovrappeso fra i più piccoli. Nel piede piatto infantile, a parere di chi scrive, questi sono sempre fattori assolutamente primari e quindi da debellare. Quando non vi è condizione genetica come una sinostosi astragalo-calcaneare, condizioni che comunque sono piuttosto rare, i cattivi condizionamenti ambientali rappresentano il focus su cui intervenire.
Alle già citate condizioni di sedentarietà e sovrappeso potremmo aggiungere l’utilizzo dell’ortesiologia correttiva o pseudo tale. I famosi plantari con sostegni della volta e correzioni calcaneari non fanno altro che inibire le possibilità di sviluppo legamentoso e muscolare costringendo il bambino ad una ulteriore e dannosa ipotonicità. Immaginate un palazzo a cui vengano tolte improvvisamente le fondamenta, la struttura crollerebbe all’istante. Lo stesso avviene in tutti quei bambini che per anni hanno fatto utilizzo di ortesiologia correttiva, il valgismo della caviglia permane se non peggiora. (Leggi anche il piede cieco: l’utilizzo improprio dei plantari)
Fatta questa premessa doverosa l’approccio al bambino con piede piatto deve essere basato riconducendoci soprattutto al concetto di reversibilità. Quando il piede piatto è un paramorfismo reversibile, la stragrande maggioranza dei casi, il trattamento rieducativo è l’approccio elettivo.
Questo concetto di reversibilità non è ancora probabilmente molto chiaro a certi operatori e professionisti, fin troppo affezionati alla chirurgia e a concetti ortopedici ormai datati. Per renderlo più comprensibile è bene fornire una breve descrizione di alcuni semplici test che risultano indispensabili: l’esame della volta plantare in scarico, la valutazione in punta di piedi.
Per effettuare il primo test, è sufficiente osservare la volta plantare a riposo. Se la volta plantare, che era assente o ridotta sotto carico, ricompare in scarico, il piede piatto può essere definito come reversibile e la prognosi è favorevole.
Per la valutazione sulle punte si fa sollevare il paziente: nel piede piatto lasso si osserva una ricomparsa della volta plantare ed una correzione completa del valgismo del calcagno, che tende anzi ad atteggiarsi in varismo; nelle forme strutturate o rigide il quadro resta sostanzialmente invariato.
Una discriminante importante ai fini della prognosi è quella del dolore. Nel dettaglio la sintomatologia, quando presente, è caratterizzata da dolore al piede che si estende fino al polpaccio quando il soggetto è in piedi o cammina, che è causa di una facile affaticabilità e che si attenua o scompare con il riposo. In questi casi l’approccio ortopedico-chirurgico è sicuramente più indicato ma non sostituisce il trattamento rieducativo che deve essere comunque affiancato.
In generale il piede piatto non va inteso come il peggiore dei mali: molti adulti e perfino sportivi conducono una vita perfettamente normale, priva di sintomatologia, nonostante evidenzino all’appoggio un piattismo. Gli eccessi di correzione sono ben peggiori del difetto di forma. E’ bene ricordare quanto evidenziato precedentemente: “Il paradosso posturale sta nel soggetto che trova un suo equilibrio nell’apparente squilibrio”.
Potremmo insomma definire il piede piatto nella stragrande maggioranza dei casi come una vera e propria patologia da disuso in cui gli elementi cardine sono rappresentati da:
– Iperlassità articolare
– Ipotonia muscolare
– sedentarietà
– spesso sovrappeso
Gli esercizi costanti di rieducazione posturale abbinati all’utilizzo delle solette propriocettive, l’incremento dell’attività fisica in carico gravitario (ad esempio arti marziali, sport di squadra, danza moderna) e quando necessario la perdita di peso permettono di ottenere risultati a dir poco straordinari nel trattamento del piede piatto valgo-lasso dell’infanzia. Vedi casi clinici
Specialista in Podologia, Posturologia, Chinesiologia
Iscritto N. 1 all’Ordine professionale dei Podologi della Provincia di Enna