Articolo tratto da Postura e attività motoria del Dott. Fabio Marino (vedi Pubblicazioni).
Dal concetto di integrità fra psiche e corpo deriva la tesi che il movimento, secondo la concezione neurofisiologica, «è concepito pertanto come la risposta del cervello a stimoli proprio ed esterocettivi per mezzo della quale l’individuo si adatta attivamente all’ambiente, regolandosi, sulla base di input sensoriali e sensitivi; strutturalmente il movimento consta di movimenti semplici – le unità basiche chiamate schemi posturali o motori. Il movimento si sviluppa come ogni altra funzione della personalità; un programma motorio non è una sequenza di movimenti muscolari, ma una struttura mnemonica gerarchica scaturente dalla maturazione corticale e che, mediante processi di informazione, regolazione e integrazione, permette di rendere l’atto elettivo e finalizzato. [. . .] La realizzazione del movimento postula l’attivazione contemporanea di:
- a) prerequisiti strutturali (strutture anatomiche, fisiologiche e biochimiche);
- b) prerequisiti funzionali (strutture psicologiche, psicomotorie riguardanti l’esperienza precedente del soggetto)».
Per “apprendimento motorio” si deve intendere l’insieme di quei «cambiamenti dei processi interni che determinano la capacità di un individuo di eseguire un’azione motoria. Il livello dell’apprendimento motorio migliora con l’esercizio ed è spesso dedotto osservando la stabilità dei livelli di prestazione motoria del soggetto». L’apprendimento del movimento volontario è un processo lungo, nel quale a livello cerebrale vengono continuamente creati, richiamati ed aggiornati schemi motori che costituiranno la base del movimento volontario. Tali processi si realizzano secondo una sequenza a tre fasi:
- a) fase di generalizzazione: inizialmente uno stimolo che attiva un determinato centro della corteccia cerebrale, per assenza della capacità di controllo, tende a diffondersi nei centri vicini; ne risulterà una stimolazione generale della corteccia con movimenti grossolani, poco precisi e superflui;
- b) fase di concentrazione: la ripetizione stereotipata di un esercizio determina l’attivazione selettiva dei centri deputati al controllo di quella specifica classe di movimento. Si riducono così i movimenti collaterali con maggiore economia dell’esecuzione;
- c) fase di automazione: la ripetizione costante degli stessi esercizi determina la selettività e la creazione di circuiti preferenziali a livello cerebrale con stimolazione e attivazione dei centri implicati nel movimento e progressiva automazione. Questo processo libera il cervello dal costante controllo del movimento, cosicché l’esecuzione risulterà essere fluida e precisa, eliminando contrazioni superflue e quindi inutili.
Ai fini posturali è solo la costante ripetizione del movimento volontario ed il controllo degli schemi correlati a quel movimento che può portare ad un processo di automatizzazione tale da poter determinare una “correzione”. Tale termine, volutamente fra virgolette, è improprio utilizzato in ambito posturale poiché non si tratta nella realtà pratica di correggere quanto di favorire un miglior riadattamento della postura del soggetto. E’ decisamente più indicato e appropriato parlare in termini di RIEDUCAZIONE POSTURALE.
Dott. Fabio Marino
Specialista in Podologia, Posturologia, Chinesiologia
Iscritto N. 1 all’Ordine professionale dei Podologi della Provincia di Enna
Riferimenti bibliografici
- Tribastone, P. Tribastone, Compendio di educazione motoria preventiva e compensativa, Società Stampa Sportiva, Roma.
- Nicoletti, A.M. Borghi, Il controllo motorio, il Mulino, Bologna.
- R.A. Schmidt, C.A. Wrisberg, Apprendimento Motorio e Prestazione, Società Stampa Sportiva, Roma.